Sono incappato in questo post in inglese il cui titolo “Why not make aliyah?” mi ha molto incuriosito. A mio modo di vedere le opinioni di chi ha avuto problemi nell’aliyah sono forse più importanti di chi invece ha avuto un’aliyah di successo. Ve lo riporto, quindi tradotto, sperando che possa stimolare in tutti un momento di riflessione.
Perché non fare l’aliyah?
Nota: Per favore non giudicate questo mio post come un invito a non fare l’aliyah. Non voglio intendere che le persone non debbano fare l’aliyha. E’ piuttosto una grande mitzvah e benedizione. Allo stesso tempo, però, mi oppongo alle persone in Israele che credono che chi non fa l’aliyah non la facciano solo per una motivazione economica o perché non hanno amore per Hashem. Questo tipo di critiche e di retorica forse può dare l’ispirazione a qualcuno, e sicuramente raggiunge la grande maggioranda degli ascoltatori Israeliani, li fa sentire meglio e migliori degli ebrei della diaspora. Allo stesso tempo, però mette in cattiva luce chi ha deciso di vivere in galut.
sul sito Emunah Therapy, R’ Sholom Arush on Aliyah dice:
ZB: Qual’è il messaggio di Rav Shalom al popolo ebraico che vive in diaspora?
Rabbi Cassouto: Rav Shalom si sente molto triste per gli ebrei che vivono al di fuori di Israele. Pensa che, agli occhi di Hashem, Israele non sia per loro imporatante e che non apprezzino Israele quale stupendo regalo di Hashem per il popolo ebraico. Dopo tutto, nella Torah, non si dice che Hashem abbia dato gli Stati Uniti od un altro stato come dono, ma si dice che ci ha scelto per ricevere la terra d’Israele. Questo significa che ci è richiesto di vivere li.
Ed ancora:
ZB: Cosa avrebbe risposto Reb Shalom a coloro che dicono che non è necessario fare l’aliyah ora perché Hashem ha promesso che lui stesso li avrebbe redenti quando fosse stato il momento.
Rabbi Cassouto: Ti dirò quello che disse Rav Shalom. L’ho sentito io con le mie stesse orecchie. Hashem dice a queste persone (che attendono la loro redenzione per mano di Hashem): Chi credete di essere? Pensate di essere così importanti che Hashem si preoccupi di redimere voi per primi? Sicuramente Hashem non si dimentica di voi, ma prima di tutto redimerà i suoi servitori più vicini, coloro che lo servono da Gerusalemme; poi salverà coloro che vivono nelle vicinanze in Israele e gli ultimi a ricevere la sua salvezza saranno coloro che vivono al di fuori di Israele.
Questo brano viene da delusional tractor driver, Nir Ben Artzi, per cortesia di Bat Aliyah:
Tutti gli ebrei che vivono in diaspora, lo fanno solo per i soldi! Negli anni ’40 e ’50, quando gli ebrei arrivavano in Israele, baciavano la terra santa ed erano felici di dormire a terra. L’ amore per Eretz Israel è il segno più forte che amiamo il Santissimo. Quando si vive in diaspora, non si ama il Santissimo! E quando non amiamo l’Altissimo, la disgrazia ci colpisce. Ci sono pericoli per gli ebrei in tutto il mondo, ad eccezione di Israele! Non provate ad ingannare l’Altissimo giocando a nascondino con lui! Il Santissimo vi può raggiungere ovunque vi troviate. Non lasciate che si sia un Ebreo che dica che il Santissimo non l’ha chiamato. Ogni singolo ebreo dovrebbe capire che il Santissimo l’ha chiamato in Israele. Non lasciategli dire che non l’ha capito.
Credo che sia falso che tutti gli ebrei americani non facciano l’aliyah solo per una motivazione economica. Non è che io, personalmente, stia diventando ricco qui! Piuttosto, ci sono un gran numero di fattori che alimentano la riluttanza degli ebrei americani al fare l’aliyah. Ecco un breve elenco di quelli che mi vengono in mente:
A) Sono un codardo.
Non essendo cresciuto in una nazione con il servizio militare obbligatorio, trovo spaventoso dover servire nel esercito. Ci sono ebrei religiosi che servono nel Esercito Americano, nella marina e nelle altre forze, ma sono pochi. Sebbene coloro che scelgono di servire siano degli eroi, e li ammiro per questo, io non ho fatto questa scelta.
Ora, sono abbastanza vecchio perché, se dovessi fare l’aliyah, sarei esentato dal servizio militare e non mi troverei in pericolo. Ma questo non è vero per i miei figli. Posso davvero fare questa scelta a loro nome ed esporli al pericolo? Se dovessere essere uccisi o feriti per via della mia ideologia, potrei mai perdonarmi?
Allo stesso modo, alcune persone possono trovare la minaccia del terrorismo terrificante. Ci sono stati numerosi attentati agli autobus mentre abitavo in Israele e per questo, per un po’, ho evitato di usare gli autobus. Non è una scelta indifferente quella di vivere in un paese dove ci si trova costantemente esposti a questo rischio. Potete anche inondarmi di statistiche che dimostrano che vivere negli USA sia altrettanto o più pericoloso. O che quando arriverà l’Apocalisse, Israele sarà il posto più sicuro dove vivere. Le statistiche non mi convincono e riguardo l’apocalisse, penso siate dei lunatici.
B) Ci tengo alla libertà di religione così come alla separazione stato/chiesa.
La coercizione religiosa è uno dei maggiori ostacoli che bloccano gli ebrei americani. Molti sono scesciuti in una cultura di pluralismo religioso. Non che alcuno pensi che altre religioni o correnti ebraiche abbiano ragione, piuttosto si riconosce che persone diverse abbiao idee e credenze differenti e si riconosce che se ogni gruppo cercasse di imporre le proprie agli altri, non sarebbe una buona cosa. In particolar modo se si è parte di una minoranza ed una maggioranza tenta di imporsi su di te. E così, come una sorta di “contratto sociale”, nessun gruppo dovrebbe cercare di imporre il proprio punto di vista religioso sugli altri.
In Israele, come in altri posti, ci sono molte sette che sono convinte di avere la ragione. Posson però cercare di imporsi sulla maggioranza. QUesto porta alla coercizione dei laici sui religiosi, dei religiosi sui laici, dei Haredimi sui Dati Leumi [non so come tradurlo in italiano, NdE], coercizione degli Ashkenaziti sui Sefarditi… etc…
Porto un solo esempio:
Sono religioso, ma non credo che sia giusto che la responsabilità dei matrimoni debba essere in mano alla rabbanut in Israele. O riguardo le regole della Tzniut, anche fosse il mio standard, non penso debbano essere imposte a chi non vuole. E potremmo continuare a lungo.
Credo, inoltre, sia più salutare – dal punto di vista religioso ed emozionale – vovere im una comunità dove io sia libero di praticare la mia religione come ho scelto senza essere trascinato in discussioni di politica locale o nazionale per poter imporre o difendere il mio stile di vita.
C) Parlo troppo.
Ci tengo alla libertà d’espresisone garantita dalla Costituzione degli Stati Uniti. Vedo le limitazioni imposte dalla legge a questa libertà riguardo l’incitazione e la diffamazione, e vedo Rab Nati maltrattato e minacciato dal Shabak e non sono sicuro di voler vivere in uno stato con simili restrizioni alla libertà d’espressione.
D) Non parlo lal lingua.
Si, c’è una barriere linguistca, anche se posso capire l’ebraico piuttosto bene. In parte è per via del mio essere un po’ introverso, ed per la mia natura indecisa. Per poter parlare davvero una lingua fluentemente non si deve aver paura di commetterere errori e di mettersi in imbarazzo in una normale conversazione. Quindi mi imbarazzo a parlare un ebraico stentato e non vorrei trovarmi spaventato a dover parlare.
E) Ci tengo alla mia famiglia allargata.
Vorrei che i miei figli crescessero conoscendo i loro nonni, zie, zii, cugini etc. Difficile che succeda se sono separati da un oceano. Certo, se tutti facessero l’aliyah assieme non sarebbe un problema.
F) Non voglio abbandonare la mia struttura di supporto sociale.
Alcuni dipendono più di altri dalla famiglia e gli amici che li aiutarno. Può essere supporto emozionale, supporto pratico o supporto finanziario quando si stenta. Questa rete di supporto potrebbe non esserci o essere meno efficace se ci si muove in un’altro stato.
G) Si, i soldi sono un problema.
Ma questo non rende gli ebrei americani degli avari che si preoccupano solo alle belle macchine e ad i soldi in banca più che ad Hashem. Non sono i soldi in se, quando alle coseguenze di averne o non averne. (Non che ne abbia molti qui, comunque). Ad esempio:
- Avere soldi significa poter mandare i propri figli ad una yeshiva migliore, con insegnanti attenti e classi più piccole, invece di avere 25 bambini ammucchiati in una stanza da poco divisa in due per avere più aulee
- Significa poter vivere in un quartiere più arioso, piuttosto che stringere una famiglia numerosa in un piccolo appartamento con pareti sottili
- Significa non dover rinunciare alle cure medice, ad una dieta appopriata per te stesso ed i tuoi bambini
Potrei continuare a lungo. Mi rendo conto che alcuni in Israele pensano che gli americani siano ricchi. Non è vero. Fare l’aliyah costa parecchi soldi e vivere in Israele per i primi tempi costa parecchio.
No sentito israeliani parlare di come gli americani non vogliano rinunciare a determinati lussi. Ma vorrei ricordare loro la mitzvah della tzedaka. Si dovrebbe dare al povero il necessario perché possa continuare a vivere secondo lo standar di vita a cui era abituato. Se si sposta un israeliano in un paese africano dove non ci sia acqua corrente, la gente faccia una doccia l’anno e dove la dieta sia composta di riso non lavato e fagioli, anche un israeliano considererebbe la vita molto difficoltosa. Allo stesso modo, passare da uno standar di vita alto ad uno più basso non è più facile per un americano anche se può non sembrare agli occhi di un israeliano. Può esser emozionalmente stressante ed aver un effetto sulla Shalom Bait.
H) E’davvero così importante?
Culturalmente, non vedo il vivere in Israele come una condizio sine qua non per vivere una vita religiosa ebraica completa e soddisfacente. Si, so di cosa diceva il Ramban, ma Rambam forse non era in disaccordo con lui?
Le nostre comunità hanno vistuto in galut per secoli, al di fuori dalla terra d’Israele ed hanno davvero vissito stupende e soddisfacenti vite ebraiche. Il fatto che gli ebrei ora posssano vivere in Israele è sicuramente un grandissimo dono. Ed è fantastico anche potersi trasferire in Israele e poter eseguire le mitzvot legate alla terra d’Israele. Allo stesso tempo, però, non credo che l’ideologia Nazional Religiosa dovrebbe sconvolgere interamente la fede e la pratica religiosa. Ci sono così tante occasioni di compiere una vita ebraica soddisfacente qui rispetto ad Israele che chi spinge per l’aliyha, anche citando Ramban, spesso sottace. C’è la Torah, ci son comunità di Hassidii che sviluppano un legame con Hashem e molto altro.
Per tutte queste ragioni, probabilmente, è possibile che alcuni ebrei considerino migliore, dal punto di vista religioso, la vita negli Stati Uniti che non in Israele.
E così cito di nuovo la dichiarazione di R’ Arush:
Hashem dice a queste persone (che attendono la loro redenzione per mano di Hashem): Chi credete di essere? Pensate di essere così importanti che Hashem si preoccupi di redimere voi per primi? Sicuramente Hashem non si dimentica di voi, ma prima di tutto redimerà i suoi servitori più vicini, coloro che lo servono da Gerusalemme; poi salverà coloro che vivono nelle vicinanze in Israele e gli ultimi a ricevere la sua salvezza saranno coloro che vivono al di fuori di Israele.
Per “più vicini” sicuramente R. Arush non intende coloro più in prossimità fisica. Hasehm è onnipresente ed onnipotente. Non si pùo pensare che la sua presenza sia limitata e che abbia impossibilità a raggiungere tutti. Piuttosto sembra intendere “servitori più vicini” come coloro che sono emozionalmente più vicini a Lui, e coloro che tengono a Lui maggiormente. C’è una bella differenza! Gli rivolgo quindi la stessa domanda: “Chi credi di essere?” (R. Arush, non Hashem, ovviamente) per poter giudicare che sia intimamente più vicino?
Potete conoscere veri fanatici che sono sicuri di se e maltrattano gli altri nelle attività quotidiane, che distruggono in pubblico di CD di Mordechai Ben David e Schwecky, ma che è religioso e vive in Israele solo perché c’è nato ed è stato trascinato nelle farneticazioni di Nir Ben Artzi. E dall’altra parte potreste trovare dei Hassidim che vivono a Chicago e non in Israele perché il loro rebbe non gli ha detto di farlo, ma che trattano con gentilezza chiunque e gestiscono mese e servizi per poveri.
Solo perchè si vive in israele non si è più vicini ad Hashem di coloro che abitano a Chicago. E non è vero necessariamente neppure che un Chassid ami Hashem meno se abita a Chicago piuttosto che a Gerusalemme.
Non c’è data a questo articolo ma credo comunque sia abbastanza lontano dal presente. Comunque mi sento di intervenire brevemente (anche se l’argomento non richiederebbe di essere liquidato in due parole):
1) Noi ebrei nati e cresciuti nella galuth non abbiamo vissuto la Shoah personalmente; non eravamo in Eretz Israel quando nel 48, alla nascita dello Stato, fu attaccato da cinque paesi arabi. Non eravamo tra quei sopravvissuti ai lager che furono obbligati a difendere lo Stato. Non eravamo qui quando in Israele altri ebrei come noi combattevano e morivano per fare in modo che Israele continuasse a vivere. Eppure questo Stato che noi non abbiamo difeso con le armi e non abbiamo guadagnato con il sangue è anche nostro, è aperto a noi, è nato per noi, per permetterci di avere una patria se ne sentissimo il bisogno o ne avessimo l’esigenza. Tuo figlio farà il militare si’, contribuirà a mantenere in vita questo stato, farà la tua parte che a te non è stata richiesta.
2) Israele è un paese laico. Nessuno ti obbliga a praticare e nessuno ti impedisce di farlo. E’ un paese giovane e la sua democrazia è ancora perfettibile. E’ vero, i matrimoni civili urgono una soluzione. Ma tu lasceresti l’Italia o le vorresti meno bene solo perché non esistono quei pacs che in tutta Europa sono cosa comunemente accettata? Israele è l’unico paese del Medio Oriente che protegge i gay e da loro piena libertà, riconoscendo le unioni. Lasceresti o sconsiglieresti l’Italia perché i gay sono osteggiati?
3) Parlare di “limitazione di espressione in Israele” è semplicemente ridicolo! Alla Knesset siedono esponenti di partito che si dichiarano anti sionisti e si scagliano contro lo Stato e non sono di certo perseguitati!
4) La lingua si impara volendo, cosi’ come si è imparato l’inglese e il francese e il tedesco e lo spagnolo, comunemente insegnati elle scuole italiane. Lo stato ti paga in più le lezioni. Scusa se è poco.
5) I nonni possono salire su un aereo e essere in tre ore da te. E viceversa.
6) Il supporto sociale italiano rispetto a quello israeliano è ridicolo. Quella israeliana è una società vivace, aperta, solidale.
7) Si’, puo’ darsi che il livello economico in Israele sia più basso. Ma anche il costo della vita. E comunque non tutti preferiscono anteporre a qualsiasi altra cosa il conto in banca
8) Si’ è importante. Non solo dal punto di vista religioso ma altrettanto da quello laico. Qui viviamo in prima persona cio’ che ella galuth sentiamo raccontare. Qui tocchiamo con mano fino a che punto la propaganda anti israeliana sia diffamatoria e falsa. Qui vediamo quanto l’immagine di un paese-bunker, militarizzato all’estremo, impaurito, sempre sulle difensive sia una distorsione mentale occidentale. Israele, gli israeliani, sono gente vivace, solidale, allegra, piena di vita, positiva. Si’ è davvero cosi’ importante per un ebreo vivere in Israele.
Ciao Mavi,
il post è la traduzione di un post di un americano (o inglese, ora non ricordo) quindi alcune sue opinioni vanno filtrate considerato questo (ad esempio la lingua, per un inglese è più difficile perché qui chiunque parla inglese ed appena li sentono parlare in ebraico con accento, tutti passano immediatamente all’inglese… ).
Non ho pubblicato il post perché sono d’accordo – anzi, al contrario – ma perché il post è volutamente polemico ed eccessivo e proprio per questo invita a riflettere.
La tua risposta me ne da conferma e sono d’accoro con te su praticamente tutto.
Edoardo